Qualcosa si muove

di Sara Fichera

Intervento allo 'Sconvegno : quali soggettività femministe oggi…'
Milano, 4 maggio 2002



Quando Eleonora mi ha inviato il primo documento che raccontava la nascita di questo progetto la prima parola che ho pensato è stata "finalmente".
Finalmente qualcosa si muove, finalmente altre donne, quasi mie coetanee - io ho 34 anni - mi invitano a ragionare su argomenti che mi sono familiari, si pongono le mie stesse domande e mi propongono di parlarne insieme.

Finalmente, perché fin da bambina parlavo di me affermando con orgoglio e gioia di essere femminista, e perché ho sempre avuto la sensazione di essere un pesce fuor d'acqua, difatti le mie coetanee avevano quasi paura di questa parola.
Finalmente, perché mi manca la dimensione collettiva del pensare e del fare.
Finalmente, perché mi manca la dimensione collettiva del pensare e del fare.

Finalmente, perché da sempre cerco in tutti i modi coetanee interessate come me a interrogarsi e confrontarsi sull'autenticità o meno dei propri desideri, sull'agio o meno dell'abitare il mondo a partire da sé, sulle trappole del patriarcato dentro e fuori di sé; compagne di percorso insieme alle quali inventare modi nuovi di essere femministe, a partire dalla contemporaneità della nostra condizione, dalla soggettività di ciascuna di noi, valorizzando le rispettive diversità, evitando, per quanto possibile, l'imitazione di "modelli femministi" acquisiti, di nuovi vangeli che hanno sostituito quello del padre con quello della madre, per costruire terreno comune e non sentirsi più straniere, inadeguate, per non avvertire più la spiacevolissima sensazione di non aver luogo in alcun luogo.
Finalmente, perché sono anch'io fermamente convinta che "la riflessione politica collettiva sia lo strumento più utile ed efficace per pensare, progettare e cominciare a praticare il cambiamento".
Così, dopo aver letto il documento, ho deciso di stamparlo in più copie e di farlo leggere a due mie care amiche, Laura e Marina, insieme alle quali sono abituata a parlare con modalità riconducibili alla pratica dell'autocoscienza, ma con le quali non ci eravamo mai dette di essere un gruppo politico.
Mi piace ora pensare che siamo un gruppo politico itinerante, fra le nostre case, il Nievski (un pub), i giardinetti … ci incontriamo e cominciamo a parlare in modo molto intenso, di cose intime, sconvenienti, coinvolgendo spesso altre e altri in discussioni personali e appassionate.
Tutto questo si verifica in modo spontaneo.
Spesso, quando ci troviamo al Nievski, i vicini di tavolo ci osservano, si sbalordiscono, per gli argomenti, per le modalità, per l'emozionalità.
Mi dico: è evidente che eravamo già un gruppo politico…
Così, dopo la lettura del documento, abbiamo deciso di cominciare a incontrarci in modo regolare, una sera la settimana, il sabato o la domenica, a casa mia.
Ho proposto inoltre la lettura del documento anche ad alcune donne conosciute al Catania Social Forum, insieme alle quali mi sono ritrovata spesso a parlare del disagio di fare politica in un contesto troppo segnato da logiche, modalità e linguaggio maschile.
Sara Crescimone, che parteciperà allo sconvegno, ha deciso immediatamente di unirsi a me, Laura e Marina, ci siamo date così il primo appuntamento il 10 marzo di quest'anno e abbiamo cominciato a parlare.
Tuttavia, per svariate ragioni, non abbiamo elaborato un documento unitario, che tenesse conto della complessità di ciascuna, e malgrado ciò che scrivo nasca anche da discussioni affrontate all'interno di questo neonato gruppo politico, così come in altri luoghi, con altre donne, e anche uomini, è però il mio personale punto di vista.
Non sappiamo quali saranno i percorsi che seguiremo come gruppo ma verranno da sé, e mi piace pensare che il nostro piacere di incontrarci contempli il desiderio di ciascuna, anche nel possibile incontro e confronto con l'esterno. Io credo che come gruppo politico non fossimo ancora pronte ad assumerci la responsabilità di un documento pubblico, complessivo, che tenesse conto delle nostre diversità, difatti non lo abbiamo prodotto e abbiamo deciso di partecipare a questo sconvegno singolarmente. In seguito si vedrà.
Per quanto riguarda il Catania Social Forum invece, insieme a Sara Crescimone, ho proposto la nascita di un gruppo donne che comincerà a incontrarsi a partire dalla proposta di legge sulla procreazione assistita, ma che ci auguriamo diventi un altro spazio di confronto e elaborazione, anche di una pratica politica diversa, non neutra.
Abbiamo così organizzato insieme a Francesca e Concetta, dopo alcuni incontri fra di noi, un appuntamento in uno spazio pubblico della città per martedì 30 aprile. "Un mondo generizzato è possibile, generiamolo", così ci è piaciuto intitolare questo primo incontro, consapevoli di voler dare voce, ascoltare anche tutte coloro che parteciperanno, e dunque di capire il possibile percorso da seguire insieme alle altre. Anche qui faremo, facendo.

Queste sono alcune delle cose che ho pensato - talvolta contraddittorie - e le domande che mi sono posta, leggendo il vostro documento

S-CONVEGNO

Mi sembra importante ancora una volta cominciare dal linguaggio, parlato e del corpo. Mi è piaciuta molto ad esempio l'idea di usare la parola "s-convegno" per questo nostro incontro, all'interno del quale diremo, mi auguro, cose s-covenienti (le due parole hanno la stessa radice semantica). Sono convinta che sia ancora necessario osare l'impensato e esprimerlo con forza.

A PROPOSITO DI CONFRONTO INTERGENERAZIONALE

Se nella mia vita è spesso mancato il confronto con le mie coetanee, ho invece goduto di alcuni incontri fortunati con donne più adulte. La prima mia madre, che pur non avendo partecipato attivamente al Movimento femminista, mi ha trasmesso la bellezza e il valore dell'autonomia, nel pensare, nel dire, e nel fare. Molti anni dopo le donne del laboratorio di tesi Wanda, che mi hanno dato la possibilità di ricucire due parti di me che negli ultimi anni dell'Università mi sembravano drammaticamente sconnesse, il femminismo con l'architettura. Mi sono difatti laureata al Politecnico di Milano con una tesi su "Luoghi politici e spazi urbani del movimento femminista catanese". Poi l'incontro con Emma Baeri, che di questa tesi è stata co-relatrice.
Attraverso il lavoro per la tesi, ho conosciuto molte femministe degli anni caldi del Movimento, che mi hanno raccontato le loro storie, e mi sono resa conto che esistono tanti femminismi, uno per ciascuna di quelle donne. Le ho intervistate partecipando in modo intenso, lasciandomi attraversare dalle loro parole, dalle emozioni che trapelavano durante il racconto, mi sono posta in una dimensione di ascolto, di me stessa e delle altre, ho espresso dubbi e opinioni, ho provato agio e disagio, ho smantellato e rimesso insieme pezzi di me … ho conosciuto "madri" che mi proponevano modelli e verità (con le quali il confronto è stato complicato), e altre che mi invitavano a trovare una forma mia … io credo che la trasmissione del Femminismo vada fatta attraverso il racconto del proprio percorso e con la lettura dei documenti storici, ma con la consapevolezza che non esistono Verità, e che non si possono creare nuovi modelli assoluti … le figlie sono "altro" dalle madri biologiche e simboliche, credo che il più grosso fallimento nella relazione madre/figlia sia il mancato governo della simbiosi, madre e figlia devono tradirsi vicendevolmente per andare "oltre", trasgredire … credo sia necessario tradire anche se stesse talvolta, per scoprirsi e percepirsi diverse, nuove … mi sembra positiva l'immagine di una madre e di una figlia autonome l'una dall'altra, nel pensare e nel pensarsi, nel dire e nel dirsi, nel fare e nel farsi … sono convinta di conseguenza che ogni generazione politica di donne debba percorrere la propria strada … io voglio conoscere storie, ereditare saperi, confrontarmi con chi c'è stato prima, ma voglio sentirmi protagonista, inventare un mio modo di essere e di praticare la politica e non subire un ennesimo modello.


A PROPOSITI DI STRATEGIE DI SOPRAVVIVENZA

Circondarmi di relazioni amicali importanti e confortevoli è una strategie di sopravvivenza, adottata per scongiurare la sensazione di solitudine che mi trasmette il rapporto con mondi che sento come paralleli, che non mi appartengono.
Sicuramente è una strategia di sopravvivenza aver scelto di tornare a vivere in provincia di Catania (Acireale), aver deciso di valorizzare le relazioni affettive che mi legano a questa città, comprese quelle con i luoghi.
Una qualità della vita migliore. Un'ora di sole nella pausa pranzo, il mare profumato di scoglio, e la "timpa" rigogliosa di agrumi alle mie spalle, la vacanza quotidiana. Una corsa in campagna in compagnia della mia cana nel week end, solo mezz'ora di strada. Il silenzio notturno della provincia e il fervore della città, Catania, a pochi chilometri, 10 credo. Nella mia esperienza Catania è più "sveglia" di Milano (ho abitato a Milano per quasi 10 anni).
Ho scelto di tornare ad Acireale e ho ereditato, insieme a mio fratello, lo Studio di amministrazione di mio padre, che, con difficoltà, ho contaminato con le mie competenze di architetta. Lavoro tanto, guadagno poco, ma lavoro per me. Gestisco i miei progetti in tutte le loro fasi, dall'inizio alla fine, compresa la relazione con i clienti, che ritengo sia fra gli aspetti più interessanti della mia professione: riuscire a far partecipare, chi andrà ad abitare uno spazio, a tutte le fasi della progettazione e della realizzazione.
Se andassi a lavorare in uno Studio di altri forse avrei il lavoro garantito, forse avrei più soldi, ma sarei molto più infelice, sarei un soggetto che produce denaro per me stessa e per il mio datore di lavoro, solo questo.
Se poi, per assurdo, mi prende molto tempo svolgere due lavori diversi, tuttavia il fatto che lo Studio sia mio mi consente di guadagnare tempo (più che soldi mi interessa guadagnare tempo) per fare anche altre cose che amo. Sarebbe stato molto difficile per me riuscire a collaborare con Emma Baeri nel lavoro di inventariazione dei documenti dell'archivio del Coordinamento per l'Autodeterminazione della donna di Catania, se avessi avuto un lavoro dipendente in uno Studio di altri.
Mi sembra interessante, seppur stressante per certi versi, la complessità della mia dimensione lavorativa in un mondo che richiede sempre di più lavoro specializzato, competenze specifiche e parziali, alienazioni di parti di sé. Io sono tante cose insieme e separatamente.
Mi piace pensare che non sono funzionale al mantenimento dello status - quo.

LA LIBERTA' SESSUALE

Ma quale libertà sessuale?

1. Riceviamo tutte e tutti un'educazione eterodiretta.
Per i motivi più disparati ciascuna di noi sceglie e/o subisce, a un certo punto della propria esistenza, l'eterosessualità o l'omosessualità.
Così come "resistere e/o omologarsi sono entrambe reazioni obbligate a un sistema esistente" credo che eterosessualità e omosessualità siano le due inevitabili risposte a un sistema sociale che prevede solo l'eterosessualità.
L'ambiguità non è consentita, dove per ambiguità non si intente un comportamento nascosto ma il movimento fra le possibilità possibili.
Il sistema sociale in cui viviamo ha bisogno di normare, individuare, catalogare.
Una donna - e anche un uomo - sessualmente nomade, capace di provare sentimenti d'amore per donne e uomini con pari dignità, e che vive le proprie relazioni alla luce del sole, è imprevedibile, smantella ogni modello, disorienta, distrugge la famiglia patriarcale, totalmente, non è riconducibile a nessuno stereotipo, per tutti questi motivi non può avere diritto di cittadinanza, e malvista sia nel mondo eterosessuale che in quello omosessuale … ma io ho la presunzione di pensare che sia una delle strade possibili da praticare per uscire da molti modelli ereditati.

2. Credo che uno dei più grossi ricatti che le donne hanno subito con la rivoluzione sessuale è che per sentirsi "liberate" dovevano "darla" facilmente. Penso che sentirsi libere di scegliere anche di non praticare sesso possa essere una strada possibile. Credo sia fondamentale conoscere il proprio corpo e pretendere gratificazione e piacere, sessuale e affettivo. Mi sembra liberatorio riuscire a parlare con serenità del proprio modo di vivere la sessualità, senza paura di essere giudicate … quante di noi discutono tranquillamente di autoerotismo, di rapporto con la propria vagina e la propria clitoride, eppure è una strada per conoscersi, è necessario ancora lavorare sul corpo …

3. Se ci fosse una maggiore libertà sessuale non esisterebbero sul web quei siti di "incontri" tanto frequentati attraverso i quali molti e molte praticano sesso virtuale (e non solo mi auguro) garantiti dall'anonimato …

4. Penso anche che tutte noi subiamo ancora il sogno romantico dell'amore unico e assoluto. La pratica sessuale chiarifica la forma della relazione.
Tutte noi siamo consapevoli di non bastarci, di avere bisogno di confrontarci con altri e altre, e che ciascuna di queste relazioni da risposte a parti noi. Ma come mai l'unico forma di linguaggio che ci consentiamo è quello verbale? o quello del corpo, affettivo, ma censurando parti di esso, accuratamente, in modo arbitrario … ma attraverso quali meccanismi interni avviene questa scelta? … eppure, quando parliamo di sessualità siamo consapevoli che essa non è solo genitalità.
Io non credo che sia necessario andare "oltre" ad oltranza, sempre e in ogni caso, io credo che bisogna capire cosa ci fa stare bene e seguire quella strada, sforzandoci di ascoltare noi stesse quanto più possibile con sincerità. Mi auspico comunque la consapevolezza, per tutte noi, soprattutto nella scelta di dove, come e perché porre limiti, nel senso di limes, confine appunto, possibilmente valicabile, e non come mancanza subita …

5. Un'ultima cosa: la sensazione di destabilizzazione che ci trasmette l'assenza di progettualità, vissuta spesso come mortifera per una relazione di coppia. Mi chiedo perché anche la relazione di coppia per risultarci accettabile, valida, deve essere inserita in una logica di produzione?

ANCORA A PROPOSITO DI MODELLI EREDITATI E ANTI-MODELLI

Anni fa mi sono sposata, e mi sono detta che avevo fatto questa scelta affinché la mia ex suocera potesse riconoscermi in una forma per lei leggibile, e la smettesse di creare problemi fra me e il mio ex compagno. Mi sono sposata con rito civile, senza abito bianco, senza scambio di fedi …
Anni dopo ho deciso di separarmi dal mio ex marito, e mi sono detta che avevo fatto questa scelta perché lui mi chiedeva di ricoprire uno dei ruoli più tradizionali per una donna, diventare mediatrice fra lui e sua madre, diventare lo strumento e il tramite della loro relazione, fortemente malata, mi dico … inoltre avrei dovuto scegliere di andare a vivere nella sua città, Palermo, ma non sono stata capace di seguirlo, la mia vita era fatta di tante altre cose che stavano altrove e mi sembrava insopportabile scegliere di seguire mio marito … abbiamo deciso di separarci ed è stato dolorosissimo, lo amavo.
Oggi sono serena su tutte queste scelte fatte, mi appartengono e sono andata oltre e altrove, tuttavia mi chiedo talvolta quanto su di me abbiano agito gli anti-modelli.

GIOCARE CON I MODELLI EREDITATI

L'abito bianco durante un matrimonio, le scarpe col tacco, il rossetto, la blusa attillata, il reggiseno a balconcino, la scarpa da maschio con la gonna corta o lunga … andare fiere del proprio corpo di femmina … essere gioiose di se, questo mi sembra ancora oggi rivoluzionario … nascondersi o reagire imitando modelli maschili mi sembra un altro modo di subire lo stereotipo che ci viene imposto
Quando dico femmina mi sembra di recuperare la mia corporeità animale, penso alla mia cana, alle mie gatte, al mio corpo vibrante di energia. Mi riapproprio di qualcosa che ci hanno rubato ….

E LA MATERNITA' - BISOGNO INDOTTO?

Ultimamente comincio a interrogarmi sul mio possibile desiderio di maternità, mi chiedo se è un desiderio reale o indotto … sono convinta che il sentimento materno sia culturale, e che si possa dare risposta ad esso in vari modi, e non solo figliando … ma esiste un desiderio legato al corpo?… dalle discussioni con le amiche emerge che durante l'ovulazione siamo più ricettive all'accoppiamento, è vero? è una questione ormonale o vi è altro?… la maternità biologica è una possibilità che il mio corpo di donna contempla, devo o voglio vivere tutte le potenzialità?… anche scegliere di non viverle potrebbe rivelarsi una semplice reazione a qualcosa che si da per scontata … contemplare l'altro dentro di sé non significa solamente procrearlo, lasciare che un pezzo di sé, che è altro da sé, vada fuori da sé, per andare fuori di sé o tornare in sé, in una sé diversa … forse sto delirando…riflettendo sulla proposta di legge sulla procreazione assistita mi sono ritrovata a pensare che è corretto che la legge dia la possibilità a chiunque lo voglia di ricorrere alla procreazione gratuita e assistita, alle coppie eterosessuali sposate o meno, alle coppie omosessuali, alle donne singole … tuttavia mi sembrerebbe più giusto attivarsi affinché diventi più facile adottare bambini che sono già nati - il figlio non è una proprietà - la relazione si crea soprattutto durante la crescita, credo.
Ho ascoltato testimonianze di donne che si sono rovinate l'esistenza dietro il sogno di diventare madri … e le depressioni post parto?… mi sembrano una delle conseguenze inevitabili di un desiderio spesso improprio … perché sottoporsi ad esami invasivi sul proprio corpo, come l'amniocentesi, per procreare bambini che siano produttivi e funzionali al mantenimento dello status quo?… ma poi non diventa eugenetica?… e tutto questo sperimentato sul nostro corpo di donna, perché ci mettiamo sempre a disposizione?… e non ultimo, le sperimentazioni australiane che condurrebbero alla procreazione da ovulo ad ovulo non sono un'ennesima espropriazione, come la clonazione, o l'utero artificiale?… perché sono contraria agli OGM e dovrei invece sopportare queste nuove pratiche di riproduzione?
Rifiuto percorsi di vita prestabiliti, voglio sentirmi protagonista … ma come dice Adriana Sbrogiò "mi sono separata da un ruolo, non dall'uomo".
Non voglio usare logiche maschili di contrapposizione. Se in natura i bambini nascono dall'incontro fra spermatozoo e ovulo io credo che questo vada mantenuto.
Mi piace pensare un mondo generizzato dove tutte le diversità abbiano diritto di cittadinanza. Amo lo scarto fra me e chi è altro da me, credo che la ricchezza della complessità sia una delle poche opportunità che abbiamo per andare veramente "oltre", e per progettare un mondo nuovo.